
Con questa lettera inviataci dal caro amico Giovanni Vecchio siamo lieti di inaugurare la sezione "Corrispondenze", dedicata alle missive inviateci dai lettori e alle nostre eventuali risposte. Ci accingiamo a pubblicare dunque questo scritto troppo generoso nei confronti della nostra redazione con una certa commozione e un pizzico di orgoglio.
Grazie Giovanni.
Spett.le Redazione,
scrivo questa lettera approfittando del pluralismo celebrato nel vostro manifesto - cogliendo l'occasione per porgere le mie congratulazioni alla realizzazione di questo vostro ottimo spazio d’approfondimento.
È stata quest'ultima un settimana buia per il giornalismo italiano.
Tutto è partito dall'assoluzione del sindaco di Roma, protagonista di un processo, giudiziario e mediatico, durato due anni. La notizia dell'assoluzione viene utilizzata come pretesto da parte degli esponenti del M5S per attaccare la stampa; “infimi sciacalli” sono definiti i giornalisti dal vicepremier Di Maio, “pennivendoli” e “puttane” dal - non si sa bene che professione svolga - barricadiero Dibba.
E qui viene il bello. La notizia del processo viene snobbata. Il vero scoop è quello dell'attacco da parte dei pentastellati. Tutto il mondo dell'informazione si chiude a riccio, sospingendo i suoi aculei all'esterno. La Gruber elenca a profusione le parole ingiuriose, masticando golosamente la parola “puttana”come il più dolce dei frutti estivi, sbrodolandosi col suo purpureo succo. E, meraviglia delle meraviglie, viene dissepolto un filmato del primo V-Day per confrontarlo con la manifestazione di Torino organizzata dai promotori del TAV. Qual è il nesso? Semplice: l'insolenza, l'impertinenza, la villania che scorrevano nelle vene di Grillo durante il comizio di Bologna, diffusesi osmoticamente a tutti i seguaci del Movimento, non hanno nulla a che fare con la grazia benedetta dei promotori della Torino-Lione, loro sì persone sane e da ammirare.
Viene addirittura chiamata in causa Bice Biagi, che quasi elogia il trattamento che Berlusconi riservò al padre Enzo, confrontandolo a quello dei barbari grillini.
Ora, da ammiratore della professione giornalistica, non ho mai apprezzato la consuetudine con la quale ci si accanisce contro l'informazione; soprattutto è il termine “giornalai” che non sopporto, forse perché innamorato fin dall'infanzia di quella sorta di Aleph borghesiana che per me è l'edicola. E, per restare sul tema delle professioni che apprezzo, confesso la mia simpatia per tutte le prostitute, le quali meriterebbero una riconoscenza pari a quella che socialmente si attribuisce all'imprenditoria e alle libere professioni.
Diamo per assodato però che le parole di Di Battista e di Di Maio siano risultate effettivamente sconvenienti; soprattutto quelle del Ministro, che dovrebbe impegnarsi nello svolgere la sua funzione pubblica “con disciplina e onore”.
Ma diamo anche per scontato che le dichiarazioni dei due siano campate per aria, prive di qualsiasi motivazione, insulti totalmente gratuiti.
Ebbene, se la reazione del giornalismo italiano è quella ripicca adolescenziale manifestatasi in questi giorni, penso che il prestigio di cui godevano i vari Pintor, Biagi, Longanesi, Malaparte, sia destinato comunque a scomparire per sempre.
L'appello alla libertà d'informazione sventolata come un fazzoletto usato non servirà a offuscare il declino tangibile di cui è vittima la stampa di oggi. I pochi nomi illustri di cui ci possiamo vantare vengono brutalmente travolti dalla cronaca narrata dalle deplorevoli D'Urso e Sciarelli, e le grandi testate non sembrano voler invertire la rotta. Si adeguano anzi alla mediocrità.
Quella mediocrità ostentata dai nostri politici è direttamente proporzionale a quella proposta dai furono intellettuali.
Se il potere ha dalla sua la capacità di fare avverare in maniera diretta i suoi obbiettivi, gli intellettuali possono intervenire sulla realtà in svariati modi, ma in maniera indiretta. Per questo non si può tollerare ancora questo piagnucolio sguaiato.
Se si reputa infima la caratura dei potenti, si risponda con l'estro, l'ironia, le infinite potenzialità della scrittura creativa. In mancanza di queste doti, si confidi nella serietà impiegata nel lavoro svolto. Ad esempio, coloro che si sono sentiti insultati avrebbero potuto citare tutti i loro articoli nei quali dimostravano le loro analisi dettagliate sull'amministrazione romana.
Ma in mancanza sia dell'estro che della serietà, non posso far altro che attendere la fine dell'informazione. E confidare negli amici della Chiosa Pubblica. Chiunque decida di farsi carico di diverse istanze e voci, e allo stesso tempo di intraprendere la ricerca incessante delle verità – sottolineo il plurale – di questo complesso mondo, prenda consapevolezza dell'importanza della sua missione. Da lettore, incito voi autori a continuare a non prendere esempio dai vostri colleghi più grandi; e a non offendervi ma a ringalluzzirvi se vi chiamano puttane.