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"Quel che fonda la Chiosa Pubblica è la totale distruzione di tutto quel che ad essa si oppose."

Louis Antoine de Saint-Just

LA CHIOSA PUBBLICA – OVVERO: COME IMPARAI A SMETTERE DI PREOCCUPARMI E AD AMARE LA DEMOCRAZIA

Scena dal Dottor Stranamore di Stanley Kubrick.

Impossibile negarlo: il cuore di chi scrive sulla Chiosa Pubblica in un passato più o meno remoto ha battuto a sinistra. D’altronde è davvero difficile in gioventù rimanere insensibili ai principi dell’uguaglianza sostanziale sul piano giuridico, sociale ed economico. Tuttavia, con la maturazione di un certo spirito di osservazione e di una buona dose di coscienza critica, non è stato troppo difficile notare che quelle massime che avevano infiammato le nostre letture adolescenziali difficilmente trovavano riscontro nella proposta delle varie sinistre del bel paese. La sensazione che qualcosa nella nostra idealizzazione fosse ribaltata rispetto alla realtà concreta si era fatta più di una mera sensazione, era diventata un boccone arido oramai impossibile da sputare ma molto molto difficile da mandar giù.

Eppure, sì, alla fine tutti abbiamo dovuto inghiottire, chi prima chi dopo. Ognuno a modo suo, con una propria originale epifania chiaramente. Qualcuno scandalizzato dalla collusione tra gli eredi politici della questione morale e il potere bancario, qualcun altro basito per l’arretramento dei diritti del lavoro festeggiato con inni alla flessibilità, qualcun altro ancora nauseato dalle rivendicazioni dei diritti civili indifferenti all'estinzione di quelli sociali. È chiaro che quel ribaltamento menzionato si fosse effettivamente verificato, ma non tanto nelle nostre teste quanto invece nel percorso storico intrapreso da quella parte politica che era votata (in teoria) a tutelare gli interessi del Lavoro e che invece, curiosamente, si era trovata sottostare ai dettami del Capitale più rapace e senza scrupoli. Non solo in Italia a onor del vero: in Europa quasi tutti i progetti socialdemocratici hanno subito la stessa parabola, a partire da quello tedesco che con le riforme Hartz è stato un precursore nel rendere il precariato un modello applicabile a una porzione significativa del tessuto produttivo. Oltreoceano non è andata diversamente: le amministrazioni Obama, pur traghettando gli USA fuori dalla crisi del 2008 e soddisfacendo parzialmente le attese degli elettori, non hanno impedito a Clinton e compagnia di dettare l'agenda del Partito Democratico. Un'agenda ben più attenta agli interessi di Wall Street e del mastodontico complesso dell'industria bellica piuttosto che alle rimostranze degli operai del Michigan e dell’Illinois, i quali esasperati da interminabili chiacchiere sull’opportunità di bagni per bambini transgender nelle scuole elementari sono finiti a dare il voto a Trump. Trump che, se non altro, aveva affrontato in campagna elettorale il problema del lavoro e dell’immigrazione, senza nascondere le questioni sotto il tappeto del politicamente corretto.

Ci sembra insomma che in questo preciso momento storico si vada largamente diffondendo in tutti i popoli dell’Occidente una condivisa voglia di rivalsa contro le disuguaglianze che si sono andate affermando negli ultimi trent’anni, una precisa volontà di porre un freno al rinculo del globalismo galoppante verificatosi a seguito del crollo del muro di Berlino. Questa pretesa di equità sociale, che vorrebbe uno Stato capace di moderare le storture del libero mercato e di disinnescare le sfrenate competizioni al ribasso sul prezzo del lavoro, ha trovato i più acerrimi antagonisti, incredibile a dirsi, proprio in quegli ex-compagni che nelle ultime decadi in maniera più o meno consapevole si sono fatti seguaci del pensiero liberaldemocratico. Usiamo l’espressione “più o meno consapevole” perché stiamo parlando di quelli che animati da sincero spirito umanitario hanno abbracciato la filosofia noborderista che ha fatto il gioco delle multinazionali più spregiudicate, di quelli che sinceramente spaventati dallo spettro del debito pubblico hanno consegnato alla recessione mezzo vecchio continente, di quelli che pur di soddisfare le sempre più esigenti richieste del Capitale hanno accettato di buttar via, con l’acqua sporca, tutto il bambino. E non abbiamo neanche menzionato quei fini intellettuali che, dopo aver brandito dalle barricate bandiere di ogni colore dell’iride, hanno iniziato a rinnegare il processo democratico e a inveire contro il suffragio universale, reo di aver prodotto risultati elettorali o referendari poco piacevoli e spesso inaspettati.

Noi della Chiosa Pubblica, che nel suffragio universale non riponiamo semplice fiducia ma un amore viscerale, ci proponiamo orgogliosamente di offrire un piccolo contributo al pluralismo nell’informazione, pilastro portante dell’intera impalcatura democratica. Con qualche articolo e un po’ di discussioni, speriamo di poter suscitare nei lettori qualche riflessione sull’attualità, alleggerita all’occorrenza da un'ironia dolceamara che speriamo possa strappare un sorriso a tutti coloro che non vorranno prendersi troppo sul serio.

 

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