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“La pena che i buoni devono scontare per l'indifferenza alla Chiosa Pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi.”

Socrate

Cinquanta sfumature di giallo-verde

Di Maio e Salvini.

Il mese di Agosto è stato un mese bello caldo per quanto riguarda gli attriti nell’asse di governo: grandi opere, nazionalizzazione delle concessioni autostradali e contributo di solidarietà sono solo le ultime venute a galla fra le (facilmente prevedibili) divergenze politiche tra la Lega salviniana e il Movimento Cinque Stelle. Ciliegina sulla torta il colloquio tra Salvini e il premier ungherese Orban, con i capigruppo di Camera e Senato del Movimento che si precipitano in fretta e furia a bollare l’incontro come “esclusivamente politico, non istituzionale” prima ancora che a Milano si concluda la conferenza stampa.
Queste sfaldature naturalmente hanno occupato le prime pagine delle più eminenti testate italiane: nelle varie redazioni avreste potuto trovare a ogni ora del giorno e della notte fondisti e politologi intenti a interrogarsi sulla data delle ormai incombenti elezioni anticipate. Può essere che abbiano ragione loro, anche se le recenti mandate elettorali suggerirebbero che questi fini analisti abbiano vagamente perso il polso della realtà, ma a me queste elucubrazioni ricordano un po’ la corazzata Kotiomkin di fantozziana memoria. Persino Renzi e Berlusconi non si lanciano più in queste previsioni, forse perché hanno imparato dai loro errori a diffidare di certe letture, più verosimilmente perché, come due giovani fidanzatini, non vogliono esser costretti a svelare il grande passo che stanno progettando insieme da tempo. Calenda, che secondo le indiscrezioni officerà le nozze, sta già iniziando a distibuire gli inviti ai più intimi, ma non è ancora trapelato nulla su luogo e data della cerimonia.

Stando dunque non alle speculazioni ma ai sondaggi, molto raramente in Italia si è visto un governo con il consenso popolare di quello attuale: mandare tutto quanto alla malora in favore di un ritorno alle urne avrebbe l’aria di essere una manovra “high risk low reward” che tradotto in italiano suona più o meno come “una gran cazzata”. Dunque che effetto hanno queste rotture fra Lega e 5S, a parte quello di riempire le colonne di qualche giornale? Nulla di nulla? Beh, un effetto in realtà ce l’hanno e neppure trascurabile: gettano le basi per una nuova dialettica all’interno del dibattito politico dopo anni di governi monocolore che hanno relegato il Parlamento al ruolo di passacarte. Il meccanismo hegeliano di tesi, antitesi e sintesi è l’elemento cardine di qualsiasi sistema democratico e oggi più che mai in Italia ci troviamo pericolosamente in carenza di antitesi. Le opposizioni sono ridotte a pazienti terminali senza alcuna chance di salvezza: il PD distrutto dal passaggio del rottamatore fiorentino cerca disperatamente di ricomporre i propri pezzi rivolgendosi a nuovi volti carismatici del calibro di Veltroni; Forza Italia ricorda un po’ un veliero che affonda, con tutti i notabili in fuga verso le scialuppe di salvataggio e il vecchio capitano rimasto solo al timone, abbandonato anche dalle più affezionate donne di comodo.

Questi alterchi, insomma, prefigurano il dibattito politico di domani e anziché esser nascosti goffamente sotto il tappeto andrebbero amplificati ed esposti chiaramente alla società civile. I termini del sempiterno dualismo Capitale-Lavoro non si sono certo spenti con la morte del progetto liberaldemocratico, anzi proprio ora sono più attuali che mai: i Giorgetti e i Centinaio incarnano l’istanza del Capitale, fedeli alla base storica di piccoli e medi imprenditori del nord-est, i Di Maio e i Toninelli raccolgono quella del Lavoro cercando di mitigare gli effetti degli ultimi vent’anni di globalizzazione. È perfettamente normale anzi è addirittura auspicabile che sul destino di TAV, TAP e Autostrade s.p.a. non ci sia unità di visione, fa parte di un sano processo democratico. Certo, questo non deve impedire di andare avanti sulle questioni largamente condivise, penso alla regolazione dei flussi migratori che distruggono il tessuto lavorativo dei paesi di partenza e di arrivo, penso ai rapporti con le istituzioni europee che di giorno in giorno palesano la propria natura di organi di rappresentanza del potere finanziario. Ma è assolutamente controproducente confinare questi disaccordi nelle segrete stanze di Palazzo Chigi, in primis perché bene o male emergono comunque dalle dichiarazioni alla stampa dando luogo a imbarazzanti siparietti. In secondo luogo (e non per importanza) perché un asse governativo come quello giallo-verde è destinato a ricoprire una posizione di primazia politica per almeno cinque anni, verosimilmente anche di più se si osserva il lazzeretto in cui giacciono PD e FI. Alla consapevolezza di questo primato deve far fronte la responsabilità di sensibilizzare l’opinione pubblica a una diatriba politica vera, che verta sulle prospettive di sviluppo del paese e sulle trasformazioni socioeconomiche in corso. Una responsabilità questa nei confronti dell’opinione pubblica resa ancor più stringente da vent’anni di teatrini berlusconiani e anti-berlusconiani, rei di aver anestetizzato tutti gli spettatori con sordide storie di cene eleganti e girotondi contro le abitudini sessuali di anziani rettili palustri.

Staremo a vedere insomma se Luigi e Matteo saranno capaci di instaurare questa discussione pubblica senza scadere nell’esempio del Bomba e dell’ex-Cavaliere, campioni di annunci trionfali e di ristoranti pieni. Anche perché il lazzeretto è sempre lì, dall’altra parte dell’aula. E, guardando bene, si vede che ci sono ancora dei letti vuoti.

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