
Dai risultati dell’ultima tornata elettorale sono ormai passati ben nove mesi. E in quello che dovrebbe essere, per numeri, il partito d’opposizione più ingombrante ancora non si è fatta una vera analisi della sconfitta. Di sicuro non si è fatta pubblicamente. Premetto che questo articolo guarderà all’argomento in maniera molto ampia e inclusiva, dunque aspettatevi parecchie generalizzazioni. Impossibile, del resto, trattare diversamente un tema che riguarda una fascia della popolazione ampia come l’elettorato attivo. Ho deciso fra l'altro di dividere per macro-sezioni il contenuto, un poco per chiarezza, ma sopratutto per evidenziare come i motivi della debacle democratica siano molteplici e sfaccettati.
A chi si rivolge il PD?
Fondamentale, dalla politica alla pubblicità, è capire a chi ci rivolgiamo con il nostro messaggio. Partiamo da un tanto famoso quanto saggio aforisma di Andreotti che, anche se in salse diverse, si ripresenta in tutte le democrazie occidentali: “Nasci comunista, cresci socialista, muori democristiano”. A prima vista sembrerebbe svelare l’incoerenza dell’elettore medio ma, con un poco d’interpretazione, racconta come i bisogni cambino nel corso della vita.
Da giovane infatti si è più fragili ed esposti, perché studenti o in cerca di occupazione, quindi risultano più appetibili politiche di forte ingerenza statale. Un modello di società che assista i cittadini in difficoltà permettendo a tutti di realizzarsi è il prototipo della tipica utopia giovanile. Poi, con il passare degli anni, si acquista l’indipendenza economica e si forma un proprio nucleo familiare. Ecco che la posizione raggiunta necessita di essere difesa: si ha bisogno di un sistema che non sia più così invadente ma che sia ben presente nel momento del bisogno. Chi istruirà i miei figli? Chi mi assisterà quando starò male? Chi mi manterrà quando non potrò più andare al lavoro? Assistiamo così alla transizione a un pensiero meno radicale che preveda solo alcune istituzioni fondamentali in mano allo Stato: la socialdemocrazia (o almeno la sua idea platonica). Infine si arriva all’ultima fase della propria vita, dove l’unica cosa che si desidera è la stabilità. Oramai si può tirare i remi in barca e vivere di rendita. Non abbiamo bisogno di cambiamento, bensì di stabilità: il benessere ottenuto dopo decenni di duro lavoro deve essere difeso. Tasse e inflazione sono quindi mostri da cui tenersi alla larga perché potrebbero intaccare il nostro “meritato” stile di vita. Si inizia insomma ad accarezzare un pensiero pacato, rassicurante, "grigio": siamo diventati conservatori, democristiani per restare alle parole del Divo Giulio.
Arriva la domanda dolente: in che momento della vita si può sentire il bisogno di votare il Partito Democratico? Da giovane? No, la cosiddetta “buona scuola” di renziana foggia non ha protetto i giovani, anzi. Ha indirizzato la didattica lontana dai programmi scientifico-matematici verso inutili nozionismi. Ha insegnato agli studenti che il lavoro sarà sottopagato, se non addirittura a titolo gratuito con lo scopo di riempire un curriculum. Ha bruciato risorse in sussidi inutili che rasentano il voto di scambio (vi ricordate il bonus "cultura" di 500€ ai diciottenni con cui era più facile acquistare biglietti per un concerto di Vasco che non un computer?). Mentre le scuole cadono a pezzi, le università soffrono di una delle più alte percentuali di abbandono a livello europeo e la disoccupazione giovanile è arrivata al punto che molti rinunciano a trovare un impiego. Sant’Agostino diceva “chi canta prega due volte”, potremmo parafrasare in “chi non fa lavorare i giovani risparmia due volte”. La prima distruggendo qualsiasi chance di una pensione decorosa nel loro futuro, la seconda impedendo a chi ora è impiegato di potersi ritirare alzando l'età pensionabile. Ed eccoci a quelli che sono cresciuti e ormai lavorano con l'ambizione di mantenere una famiglia. Si rivolge a loro il PD? Proprio no. L’abrogazione dell’articolo 18, la bestiale “gig-economy” e la deregulation di un mercato del lavoro globalizzato non sono altro che gli ennesimi pestoni inferti a una classe lavoratrice nemmeno più in ginocchio ma riversa in una pozza del proprio sangue. Non dimentichiamoci che abbiamo a che fare con il partito che sostiene “l’infame” legge Fornero, responsabile di una generazione di esodati: troppo vecchi per farsi assumere ma troppo “giovani” per andare in pensione. E parlando di anziani: saranno loro a votare il PD? Forse. Come i dati sul voto per età e fascia di reddito ci dimostrano, l’anziano sembra l’elettore ideale. Ma non un anziano qualsiasi: con il taglio delle esenzioni per le visite preventive e il mancato adeguamento inflazionistico delle pensioni, la schiera dei potenziali elettori dai capelli bianchi è quantomai risicata.
Di fatto il PD non riesce a rappresentare degnamente nessuno delle classi media e bassa, in nessuna fascia d’età: escludersi in partenza più di tre quarti dell’elettorato è un traguardo notevole.
Chi guida il PD?
Immaginatevi che, una sera, il vostro amico che vi ha invitato a cena vi chieda in prestito la macchina. “Nessun problema” pensate. Sembra un ragazzo giovane e capace, certe volte poco trasparente, ma lo conoscete da tanto tempo e non potete negargli un giro. Siete soliti prestare la vostra auto agli amici e in fin dei conti non è mai successo nulla di grave. Insomma, con la pancia piena dei gustosi manicaretti del vostro ospite e dopo aver ascoltato i racconti delle sue incredibili avventure, decidete di prestargliela. Peccato: nei primi minuti il vostro amico sembra un pilota provetto, ma poi distrugge la vettura facendo una manovra azzardata per poi sparire nel nulla senza manco restituirvi le chiavi. Dopodiché leggete su Facebook i suoi post nei quali si lamenta di come la vostra auto fosse una misera Panda, inadatta alla sua guida sportiva, e sostiene che quasi quasi ve lo siate meritati: avreste potuto prestargli qualcosa di meglio, magari una Ferrari. Dulcis in fundo, la vostra comitiva difende l'improvvido conducente e vi accusa di essere stati dei pezzenti per avergli affidato solo un’utilitaria. Bene, questo “amico” si chiama Matteo Renzi.
Tralasciamo completamente il suo operato (ce ne sarebbero da dire...) e soffermiamoci sul personaggio mediatico. L'aspetto migliore lo abbiamo potuto apprezzare nel primo periodo, durante le primarie del 2012. A quei tempi poteva sembrare un visionario, un vero combattente per la “rottamazione”. Non ci vorrà molto prima che venga divorato da un'inaspettata cattiveria, in primis contro i propri compagni di partito. Non sempre si accontenta di silurare, come nel caso di Ignazio Marino, ma raggiunge proprio picchi di rara malizia: ci ricorderemo per sempre il suo “Enrico stai sereno” rivolto a Letta, prima di fargli cadere il governo, o il passivo-aggressivo “Fassina chi?”. Come un bulletto non lesina nomignoli canzonatori verso tutto e tutti, arrivando a chiamare “gufi” (con tanto di slide) gli scettici riguardo alle sue previsioni economiche irragionevolmente ottimistiche. La sua superbia arriverà poi a legare la sua carica di Presidente del Consiglio ad un referendum su una riforma costituzionale a dir poco schizofrenica: pensava di essere così apprezzato che la gente avrebbe votato SÌ pur di non farlo dimettere. Purtroppo per lui più alto è il piedistallo più male ci si fa cadendo: il NO ha trionfato anche grazie al voto di chi non aveva alcun interesse nei contenuti ma esclusivamente nel mandarlo a casa. Dopo questa disfatta, si aggiungerà al suo carattere una nuova, insopportabile sfumatura: lo sfogo antidemocratico. Infatti l’esito del 4 dicembre 2016, secondo lui, ha dimostrato che l’elettorato si “merita” la situazione attuale e non ha alcuna voglia di cambiare. L'apice di questo delirio però verrà toccato solo nel commento post 4 marzo: elezioni “vinte da estremisti che”, secondo l’ex segretario, “hanno preferito una persona sfiduciata pure dal proprio partito al Ministro dell’Interno che ha fatto un lavoro straordinario per l’immigrazione”. Insomma: un popolo di imbecilli facinorosi, ça va sans dire.
Il paragone fra l'irrealistico storytelling da sindrome di Pollyanna e un Salvini che parla di furti vicino ai campi rom è semplicemente impietoso. Incredibile come una personalità di questo tipo, con tutti i danni che ha fatto, non sia stata immediatamente defenestrata dal Nazareno il 5 Marzo. Non per vendetta, ma per giustizia.
Cosa propone il PD?
Lo scontro politico tenuto dal Partito Democratico durante la campagna elettorale è stato condotta in totale subalternità. Si basava su un algoritmo non troppo astuto che consisteva meramente nel contrastare l’avversario "populista" proponendo a spada tratta l’esatto opposto. "La Lega è per la legittima difesa? Noi siamo contrari al Far West!" "Il M5S è per i sussidi ai poveri? Noi siamo contro l'assistenzialismo!" "Salvini vuole bloccare l’immigrazione? Noi siamo per l'integrazione!" "Di Maio è contrario ai poteri forti? Noi siamo per tutelare il risparmio!" "La lega è antieuropeista? Noi siamo con con l'UE!" Non continuo, penso che il concetto sia chiaro. Contrastare gli avversari politici definendosi aprioristicamente contrari a tutti i loro propositi colloca un partito naturalmente all’opposizione.
E poi le proposte… Dio mio, le proposte! Come se dopo aver calpestato per anni i diritti sociali si potesse sostituirli con quelli civili. Purtroppo nella piramide dei bisogni occupano un ruolo basilare quelli fisiologici e sicuritari. Non servono a granché le unioni civili se non c’è lavoro. Non servono a molto i bagni per transgender nei locali pubblici, se non c’è sicurezza. Il più grande errore risiede proprio qui: il Partito Democratico ha lasciato una vera e propria voragine politica e l’horror-vacui non ha fatto altro che risucchiarvi altre formazioni. I temi sociali non spariscono se vengono ignorati ma diventano il cavallo di battaglia di qualcun altro. Il M5S, per esempio, ha raccolto a mani basse le istanze degli ultimi, di chi non ha nulla e di chi è sottoccupato. La Lega ha sfruttato le paure (ahimè, troppo spesso fondate) dovute alla mancanza di sicurezza di chi vive nelle realtà più disagiate. Raccontare di aver creato un milione di posti di lavoro non fa sentire incluso chi il lavoro non ce l’ha. Ignorare i problemi di un'immigrazione sregolata non rende i cittadini più tranquilli. Anzi, vantarsi di come tutto stia andando a gonfie vele durante un periodo di crisi può generare al più un forte sentimento di avversione. Gli oppositori potevano prendere le esternazioni di Renzi, “copia-incollarle” su un social e commentare “Siete d’accordo, amici?” à la Salvini. Quando un partito si rema contro da solo costruendo una campagna così controproducente, agli avversari non serve nemmeno scimmiottarlo o controbatterlo: basta citarlo.
Non sappiamo se nel PD siano giunti alle stesse conclusioni, né tanto meno se intendano attuare un cambio di rotta. I temi su cui si snoda in questi mesi il dibattito che porterà al congresso non lasciano ben sperare. A dirla tutta, anche la mera scelta di aver piazzato le primarie a un anno esatto dallo smacco elettorale del 4 marzo non è un bel segnale. Sembra che si giochi a galleggiare in attesa dell'inevitabile estinzione, contando sulla buona fede di chi in passato ha creduto in una sinistra che non esiste più.
Concludiamo questa pagina politica: questo è un declino dal quale non ci si vuol salvare.