
Che delusione. Non mi sarei mai aspettato di ridurmi a buttare giù un pezzo dedicato all’ennesima scissione nel PD. Son sempre i soliti quattro gatti che da dieci anni a questa parte se la cantano e se la suonano. Sì, uno esce sbattendo la porta, un’altro rientra in punta di piedi, ma alla fine sono ancora loro: quello che rottama, quello che smacchia, quello che parla a occhi chiusi e quello che trama sotto i baffi. E, gira che ti rigira, la proposta politica rimane la stessa, l’unica cosa che cambia è il grado di ipocrisia nel presentarla [1].
Eppure questa storia è stata il caso politico della settimana scorsa e quindi eccoci qui, alla stregua di un qualsiasi giornale mainstream a parlare dell’ultima mossa del Kasparov di Rigliano: Italia Viva.
Chi non è completamente estreaneo alle cronache parlamentari sapeva che Renzi covava questa sortita da almeno un annetto. Era solo questione di tempo, prima o poi l’occasione sarebbe maturata, bastava solo aspettare. Probabilmente però nemmeno il Bomba poteva aspettarsi che la crisi di governo aperta dal suo omonimo leghista potesse cascare così a fagiolo. Non è certo un caso se il 9 Agosto lo staff renziano si sia affrettato ad acquistare i domini italiaviva.org e italiaviva.eu: di lì a poco sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa, meglio metter le mani avanti per un’eventuale campagna elettorale.
Alla fine però – come notava già Virgilio – la fortuna aiuta gli audaci. Ed evidentemente anche gli spavaldi. Per Renzi tra fine agosto e inizio settembre si sono allineati tutti i pianeti del sistema solare. Nel giro di un paio di settimane si è trovato a passare dagli sterili banchi dell’opposizione al controllo della golden share del nuovo Governo. E non in un momento qualunque ma all’alba di una stagione di nomine nelle partecipate che entro aprile 2020 vedrà assegnate quasi 400 poltrone in società pubbliche. Una vera gallina dalle uova d’oro, specie per chi ha familiarità con queste spartizioni e ha fedelissimi da piazzare sugli scranni più strategici. E non è ancora finita: grazie al controllo ferreo sui gruppi parlamentari dem, Renzi ha ottenuto tutto questo ben di Dio senza sporcarsi le mani, ritagliandosi persino il ruolo dell’agnello sacrificato sull’altare dell’accordo giallo-rosa. Tutto semplicemente perfetto.
Molti però nei giorni scorsi si sono interrogati sulle tempistiche scelte dal boy scout per mettere effettivamente in atto la propria scissione. Renzi sia da dentro che da fuori al PD avrebbe avuto accesso a tutte le golosità elencate, quindi che fretta c’era di realizzare uno strappo così a ridosso della formazione del nuovo Governo e quindi così poco rispettoso del galateo isituzionale?
Beh, i motivi ci sono eccome.
Il primo, il più evidente: Matteo non vuol esser secondo a nessuno. Occhio, non sto scivolando in uno psicologismo da poche lire degno di un talk show di la7: Renzi non vuole esser secondo a nessuno magari anche per motivi caratteriali, ma soprattutto perché vuole avere la possibilità di sedersi al tavolo con Conte e trattare direttamente. Non può più permettersi di delegare la rappresentanza delle proprie istanze a Zingaretti, un po’ perché non si fida, un po’ perché questa gli viene comunque garantita dai colonnelli fedelissimi rimasti sotto copertura fra le fila del Partito Democratico.
In secondo luogo, il senatore fiorentino aveva di bisogno di un gruppo per iniziare a raccogliere i transfughi di Forza Italia. Mentre la nave di Silvio affonda sotto i colpi di Toti e della Meloni, non sono pochi i forzisti interessati a garantirsi un prosieguo politico in una formazione “riformista” di centro, buona per tutte le stagioni. Per molti di loro l’approdo al PD poteva risultare poco agevole mentre Italia Viva diventa la scialuppa di salvataggio ideale. Non credo di sbagliare quando dico che da qui alla fine della legislatura vedremo parecchie altre colombe berlusconiane appollaiarsi sul trespolo renziano.
Infine, dietro al frettoloso parto di Italia Viva risiede il motivo più banale di tutti: la necessità di dar forma concreta al progetto per esser pronti quanto prima a staccare la spina.
In effetti, se c’è una cosa molto chiara a tutti quanti è che la durata di questo Governo la deciderà Matteo Renzi. È vero che in ballo fra due anni e mezzo c’è qualcosa di grosso come l’elezione del Presidente della Repubblica, ma non ha senso escludere colpi di mano ben prima di quella data. Del resto il Bomba ci ha abituato da diversi anni ai suoi coup de théâtre, quindi per provare a intuire cosa ci riservi il futuro dobbiamo provare a immedesimarci nel machiavellico stratega del Valdarno.
Le condizioni per cui a Renzi convenga staccare la spina sono sostanzialmente due: una nuova legge elettorale e il tracollo del MoVimento 5 Stelle. Valutiamole singolarmente.
Al momento in Parlamento, fatta eccezione per Lega e FdI, tutti ambiscono a un ritorno del proporzionale, meglio se con una soglia di sbarramento non proprio bassissima, diciamo al 4%. Sebbene idealmente non si tratti assolutamente di una cattiva idea, anzi, lo scopo vero è chiaramente quello di imbrigliare il prevedibile successo della Lega alla prossima tornata elettorale. Dopo il taglio dei parlamentari, calendarizzato per il 7 ottobre, sarà necessaria una laboriosa riformulazione dei collegi a cui verosimilmente seguirà a ruota l’inizio dei lavori in aula per superare il Rosatellum. Fino ad allora Conte può dormire sonni tranquilli, nessuno farà scherzi.
Ben più ardua è l’impresa di predire se, quando e come si verificherà la seconda condizione. Certamente si aprono tempi molto duri per il 5Stelle che, dalla conclusione delle trattative per la nascita del Conte Bis, viene percepito da una larga fetta dell’elettorato come un partito di poltronari venduti proprio a quel sistema contro cui si erano votati. Se poi, come temo, la finanziaria in arrivo manifesterà i caratteri recessivi che le dichiarazioni di questi giorni lasciano presagire, il MoVimento andrà incontro a un bagno di sangue (neanche così metaforico). E tutto questo, seppur indirettamente, spianerà la strada a Renzi. Senza stare a fare troppa fantapolitica, non è difficile immaginare uno scenario in cui a seguito di un crollo grillino il PD si sposti a “sinistra” accogliendo i figlioli prodighi di LeU e Italia Viva si ponga come nuovo ago della bilancia centrista di un ritrovato sistema bipolare. Se il MoVimento 5 Stelle non darà cenni di vita per frenare la deriva recentemente imboccata, alienandosi definitivamente la fiducia di ogni pulsione popolare anti-establishment, non è da escludere che Italia Viva possa ritagliarsi una posizione di primissimo piano nel prossimo emiciclo e capitalizzare un potere politico ben superiore a quello garantitole dai voti.
La crescita del partito dell’astensione è infatti la manna dal cielo per animali di palazzo come il Bomba, che letteralmente traggono linfa vitale dalla rassegnazione e dal distacco popolare nei confronti della cosa pubblica. Per qualche anno la sopravvivenza di questa specie sembrava esser stata messa alla prova da chi aveva saputo riaccendere l'entusiasmo per la partecipazione politica, ma ora che ogni anelito anti-sistema è stato convogliato in un effimero sfogo anti-casta, beh, i topi ballano. E noialtri torniamo indietro di dieci anni.
Note
[1] De Sinistrorum perduellione, La Chiosa Pubblica, 25 luglio 2019.