Salta al contenuto principale

“O la Chiosa Pubblica o il caos.”

Pietro Nenni

Lo sterco dello sterco del demonio

Il diavolo tentatore suggerisce di mettere i soldi in banca.

Molti di noi sono a conoscenza della favoletta della banconota da cinquantamila lire 50 euro.
Nella storia, i soldi passano di mano in mano tra persone con i lavori più disparati, dal panettiere alla prostituta all’idraulico al dentista fino a che la banconota non torna tra le mani del panettiere. Questa storia viene spesso impiegata per spiegare l’interconnessione propria dell’economia ma, con una lettura più attenta, si possono cogliere almeno altri due messaggi non banali.
Il primo è che quando si ragiona a livello di sistema economico c’è poca differenza tra proventi legali e illegali. Nella storiella infatti la presenza della “professionista del peripato” non mette in pericolo la circolazione della moneta visto che anche lei deve fare la spesa, pagare la stanza d’albergo dove riceve i clienti e pagare l’assicurazione dell’auto.
Il secondo, molto più inquietante, è che in un mondo in cui l’unico mezzo di pagamento è la moneta elettronica, alla fine della giostra non sarà rimasto alcunché nell’economia reale, poiché dopo un numero significante di transazioni le commissioni applicate da banche e servizi di pagamento avranno totalmente assorbito il denaro. 

Una precisazione doverosa: è assolutamente legittimo che banche e sistemi di pagamento applichino una commissione al pagamento elettronico e al trasferimento di denaro. Essi offrono un servizio con dei costi non nulli, i server dove vengono memorizzate le transazioni e i dipendenti che svolgono il loro lavoro vanno pagati. Però non si può nascondere come questi soldi sempre più difficilmente ritrovino la loro strada all’interno dell’economia reale: la gran parte vanno a finire nelle manovre speculative di banchieri e fondi d’investimento, insomma nel gioco della finanza.

Per i lettori più informati sulle attuali vicende politiche italiane non sarà sfuggito il collegamento tra questa storiella e la proposta del nuovo governo di tassare i prelievi di contante [1]Per giustificare tale provvedimento, il governo prova a nascondersi dietro la motivazione della Lottallevasione. La Lottallevasione è ormai un preclaro marker utilizzato ogniqualvolta si voglia giustificare un provvedimento antipopolare in materia fiscale. Facendo così tutti quelli che si opporranno potranno essere messi a tacere con l'accusa di voler agevolare gli evasori, tra le grasse risate degli evasori veri.
Non ci vuole molto a capire che chi fa uso del contante per evadere le imposte se ne frega altamente di una tassa sul prelievo. Infatti i piccoli evasori continueranno semplicemente a fare quello che fanno oggi: non depositare in banca i soldi. 
Tra redditometri e controlli a campione è molto improbabile immaginare che una persona che abbia intenzione di non dichiarare parte dei propri guadagni abbia la malaugurata idea di renderli ben “visibili” al fisco depositandoli nel proprio conto corrente. Oltretutto solo chi ha il prosciutto sugli occhi non si rende conto che la grande evasione ha ormai poco a che vedere con la valigetta piena di contante o lo scontrino non battuto [2].

Quindi se questa tassa non serve a combattere l’evasione a cosa serve?
Attualmente la funzione primaria di una tassa è aumentare le entrate per il fisco. Sono passati pochi giorni dalla formazione del governo, ma già i proclami di una finanziaria fortemente espansiva si sono ridimensionati a “manovra non restrittiva” [3]. A quanto pare le speranze di Conte di ottenere condizioni migliori da Bruxelles dopo aver escluso Salvini dal governo sono state vane e non sarà facile riuscire a trovare i soldi per evitare l’aumento dell’IVA senza usufruire del deficit aggiuntivo. Da questo nasce l’idea di inserire una tassa “virtuosa” che a parole abbia la funzione di combattere l’evasione e incentivare l’uso della moneta elettronica.
Già, perché la vera ratio della misura è quella di rendere l’uso del contante “costoso” in modo da orientare i cittadini all’uso esclusivo della moneta elettronica. Aggiungendo questa misura ad altre già in atto, come la fattura elettronica e il tetto al contante, è evidente l’intenzione del legislatore di spingere sempre più l’uso di carte di credito e pagamenti elettronici. Ed è ancor più evidente a chi faccia comodo un tale cambiamento d’atteggiamento: le banche non potrebbero essere più felici di poter finalmente eliminare la fastidiosa moneta fisica per aumentare i loro profitti sulle varie commissioni legate alla digitalizzazione dei pagamenti.

Malgrado questa facile lettura economica, viene il sospetto che ci sia anche altro - uno scopo più cupo, quasi distopico, centrato sulla limitazione della libertà personale. Infatti, in una società cashless, il cittadino non ha modo di nascondere ciò che acquista alla sua banca (e quindi allo Stato). Se questo pensiero non vi fa saltare dalla sedia, pensate a un futuro non troppo ipotetico in cui sia impossibile prestare sotto banco dei soldi a un amico in difficoltà o nascondere l'acquisto di un mazzo di fiori per l'amante. E non stiamo neppure considerando il rischio che l'estratto conto, eretto a minuzioso diario delle nostre giornate, possa esser venduto al miglior offerente.

Insomma, per dirla con San Basilio, se il denaro è lo sterco del demonio allora il denaro digitale è lo sterco dello sterco del demonio.

 

Fonti

[1] La proposta di tassazione dei prelievi di contanti. E se non bastasse c'è chi ci aggiunge il carico da novanta.

[2] Sia grazie alla competizione fiscale tra i diversi paesi europei, sia grazie a una legislatura ambigua per quanto riguarda l’economia digitale si stima che i colossi del web abbiano eluso 48 miliardi al fisco.

[3] La recente intervista del neo Ministro del Tesoro. Le precedenti interviste parlavano di tutt'altro.

Ultimi Articoli

Ultima Discussione