
Dalla nascita del movimento “Fridays for Future” coordinato dalla giovanissima Greta Thunberg, in molti si sono posti delle domande a proposito della rapida ascesa mediatica della paladina della lotta ai cambiamenti climatici (una riflessione sul tema è già apparsa su La Chiosa [1]). In particolare, dei dubbi sono stati espressi sull’insolita accoglienza riservata alla piccola Greta dalle cancellerie di mezza Europa e dai forum più importanti delle élite globali, a partire da quello di Davos. Accoglienza dovuta, secondo alcuni, alla volontà di far passare un’idea di lotta ai cambiamenti climatici basata su una semplicistica responsabilizzazione dei singoli e sostanzialmente innocua per il modello di sviluppo esistente.
Puntualmente, una levata di scudi ha protetto la giovane attivista. Chi avanza dei dubbi sulla narrazione mainstream del percorso di Greta sarebbe un “complottista” che vede piani malefici ovunque. L’aggravante, in questo particolare caso, sarebbe dubitare della genuinità di una ragazzina. Tuttavia, questo tipo di polemica è assolutamente generale e si è riprodotto in altri esempi recenti — uno su tutti: le vaccinazioni obbligatorie [2]. Il dibattito sui vaccini è particolarmente interessante perché sovrappone un piano scientifico (l’efficacia dei vaccini, il concetto di immunità di gregge) e uno politico (l’opportunità di rendere obbligatori i vaccini). Se mettere in dubbio la conoscenza scientifica ha poco senso, perlomeno per un non addetto ai lavori, le scelte politiche sono sempre criticabili. Non è un caso se molti Paesi europei non prevedono l’obbligo pur avendo efficaci programmi di vaccinazione, basati piuttosto sul consenso informato e sulla sensibilizzazione. Ebbene, anche in questo caso chi ha avanzato critiche sull’opportunità politica dell’obbligo vaccinale è stato tacciato di anti-scientismo (una forma, cioè, di complottismo).
È a questo punto che si impone una riflessione sul complottismo e sui suoi critici. Cominciamo con una banalità: il complottismo esiste, è piuttosto diffuso ed è uno schema distorto di lettura della realtà. Chi pensa che la Luna sia un ologramma, che le scie degli aerei contengano veleni, e che Mark Zuckerberg sia un rettiliano (in ordine crescente di verosimiglianza) è prigioniero di una gabbia mentale che gli fa trovare una risposta semplice a ogni questione complessa. Fin qui, tutti d’accordo. Se non lo siete, potete smettere di leggere: temo di non potervi aiutare, anche se confesso che, a volte, anch’io penso che siamo stati invasi dai rettiliani, soprattutto dopo aver discusso con qualche professore universitario.
Ciò detto, c’è un altro schema di lettura della realtà che impedisce di coglierne il grado di complessità e di analizzarla in modo produttivo. Esso è simile al complottismo, ma di segno opposto: lo chiameremo “anti-complottismo” e consiste nella convinzione che qualsiasi ipotesi di complotto sia priva di basi, falsa. Posta così la questione, l’anti-complottismo sembra altrettanto facile da smascherare: chiunque, studiando la Storia, ha imparato che le trame, gli accordi sotto banco, i piani segreti ne sono un ingrediente fondamentale. Eppure, in molte persone la consapevolezza storica va a farsi benedire quando si tratta di analizzare l’attualità. Non appena qualcuno avanza dubbi sui potenziali interessi dietro a una legge che rende obbligatori 11 — no, 8; no, 10 — vaccini viene istantaneamente paragonato a chi mette in dubbio la medicina moderna e i suoi strumenti. Se qualcun altro sostiene che le élite abbiano tutto da guadagnare se i movimenti ambientalisti vengono egemonizzati da posizioni liberali in stile green economy, rischia di passare per un credulone che ha letto troppi libri sugli Illuminati.
Ora, se le posizioni complottiste hanno, fortunatamente, poco spazio nel dibattito pubblico, quelle anti-complottiste hanno pieno diritto di cittadinanza. Non è difficile immaginare il perché: i media, in questo momento storico di crisi dei corpi intermedi, sono particolarmente appiattiti sulle posizioni dei ceti dominanti — e questo non è… un complotto: avviene tutto alla luce del sole, e basta comprare un giornale o accendere la televisione per rendersene conto. Un filtro della realtà atto a escluderne tutte le sfaccettature “scomode” include necessariamente lo strumento dell’anti-complottismo, in particolare tramite il cosiddetto debunking, affidato a veri e propri “professionisti della difesa del pensiero unico” [3]. Al contempo, una critica compiuta a questo modello sociale e all’intelligencija cosmopolita che lo propugna deve saper leggere la realtà del conflitto in tutte le sue espressioni, da quelle totalmente trasparenti (come gli atti parlamentari: il Parlamento, strano ma vero, è una delle istituzioni più trasparenti in assoluto) a quelle più opache, passando per tutto uno spettro continuo. Il già citato forum di Davos è un ottimo esempio di strumento politico “intermedio” delle classi dominanti, con le sue sessioni di lavoro aperte ai media (e anzi pubblicizzate) e i suoi colloqui riservati. Un altro esempio del fatto che fra il “complotto” e l’azione trasparente del potere costituito vi è uno spettro continuo è il Freedom of Information Act [4] negli USA, secondo cui qualunque cittadino statunitense può chiedere a un’agenzia federale una copia di un qualsiasi documento interno, con alcune eccezioni (e un piccolo caveat: il cittadino dev’essere a conoscenza perlomeno dell’esistenza di tal documento per poterlo richiedere).
In definitiva, chi si propone il vasto compito di criticare il modello sociale esistente in crisi e le sue élite, che già stanno attuando strategie di sopravvivenza, deve liberarsi di ogni “complesso anti-complottista” e imparare a leggere e diffondere la realtà multiforme dello scontro politico-sociale in tutte le sue sfaccettature, che includono anche i complotti. Possibilmente escludendo l’ipotesi dell’invasione aliena.
Fonti
[1] "Che la piazza si sGretoli", Ludovico Vicino, La Chiosa Pubblica (17 marzo 2019).
[2] Si veda ad esempio “Immunità di legge. I vaccini obbligatori tra scienza al governo e governo della scienza”, Il Pedante e Pier Paolo Dal Monte, Imprimatur (2018).
[3] La Commissione Europea è particolarmente interessata alla pianificazione di azioni atte a imporre la narrazione dominante ai media, con la scusa della lotta alle fake news, affidata a dei debunkers che, stranamente, sono tutti di comprovata fede neoliberista. Si veda ad esempio “Final report of the High Level Expert Group on Fake News and Online Disinformation”, Commissione Europea (12 marzo 2018) e si presti attenzione alla lista degli “esperti” che compongono il gruppo di lavoro (per l’Italia, Gianni Riotta, Federico Fubini e una certa Gina Nieri di Mediaset).
[4] FOIA.gov.